Qualche anno fa, a Edoardo, il falegname del paesello, venne l’idea di mettere a frutto le sue indiscusse abilità nella lavorazione del legno per risollevare le finanze della sua famiglia.
Il giardino in cui lavorava la moglie, Elvira, non viveva più i suoi tempi migliori: le offerte degli abitanti e dei viandanti si erano fatte rade. La gente sembrava non aver più bisogno di un luogo in cui camminare, pensare e semplicemente stare.
La figlia di Edoardo, Lucia, aveva quindici anni. Cresceva in fretta la ragazza, ed era già quasi tempo di pensare all’università. Non faceva che parlare ai suoi genitori dei suoi progetti futuri.
– Diventerò una brava restauratrice d’arte. Capite cosa significa? Riporterò in vita opere che sembravano offuscate o perdute per sempre. Papà, hai capito? Io scolpirò grandi capolavori per una loro seconda nascita – diceva, e i suoi occhi brillavano di entusiasmo.
Quell’ultima affermazione accese un inaspettato entusiasmo nel padre. La parola “scolpirò” lo elettrizzava. “Perché non mi metto a scolpire opere d’arte in legno?”, si domandò. Fino ad allora si era dedicato a lavori tradizionali. Era il punto di riferimento del paesello per finestre, porte, tavoli e mobili.
Decise che il modo migliore per avviare una nuova carriera fosse dedicarsi a opere scultoree. Così, senza darne parola a nessuno, la mattina seguente iniziò a lavorare grossi tronchi di legno di tiglio.

In poche settimane, riempì la propria casa di piccole statuette, vasi e porta oggetti. Anche la bottega ne fu invasa, suscitando lo scherno di coloro che condividevano il posto di lavoro con lui. Altri, come Luciano il fabbro, si risentirono dell’invadenza del falegname: – Siamo in sei dentro questa bottega. Se tutti facessero come lui, non avremmo più spazio per lavorare – confidò all’anziano orologiaio, Marcello.
E così, a partire dalla terza settimana dall’inizio di quell’accumulo di opere in legno, Luciano prese l’abitudine di portare a casa un oggetto al giorno. Edoardo ne era felice e orgoglioso, e non tardò a ringraziarlo per il suo apparente apprezzamento.
– Sono contento che le mie nuove creazioni ti piacciano! Prendine pure quante ne vuoi. Se poi un giorno volessi fare una piccola donazione, te ne sarei grato. –
Luciano non seppe cosa rispondere. Il fraintendimento del compagno di bottega lo aveva messo a disagio e non era intenzionato a donare un bel nulla, dato che tutte quelle opere di legno finivano la sera stessa nel suo camino di casa.
L’entusiasmo incontenibile di Edoardo per il primo apprezzamento delle sue opere lo spinse oltre. Una sera, rientrando tardi a casa dopo aver ultimato l’ennesimo vaso per fiori, diede una notizia alla famiglia.
– Da domani scolpirò il mio primo busto in legno. E sapete chi sarà il modello che seguirò? – domandò senza ricevere risposte dalla moglie e dalla figlia.
– Sarà la mia cara Lucia – aggiunse con un filo di emozione.
Gli occhi di mamma Elvira si gonfiarono di lacrime. Sul viso della giovane Lucia si dipinse un largo sorriso. La famiglia si strinse in un caloroso abbraccio. Sulla tavola di quella cena, una caraffa d’acqua, del pane duro e tre piatti di brodo di broccoli con pochi broccoli.
Il mattino dopo, furono Edoardo e la figlia Lucia i primi ad arrivare alla bottega. Luciano giunse un’ora più tardi. Alla vista dei due, il suo viso si rabbuiò sgattaiolando via dallo sguardo luminoso di Edoardo.
Ogni giorno, dalle prime luci del mattino fino al tramonto, Edoardo si dedicò alla scultura. Adele, la giovane fattorina del paesello, osservava con ammirazione genuina la dedizione di quell’uomo. Le pareva che stesse concependo per la seconda volta la sua amata figlia, tanta era profonda la cura con cui lavorava.
Dopo due mesi di fatiche, l’opera fu compiuta.
– Va mostrata! – esclamò Adele, con travolgente entusiasmo. Per l’occasione, aveva portato con sé la madre, la contadina Beatrice dal viso scavato dal sole.
– Un giorno potrò averlo anch’io un busto? – chiese la ragazza alla madre.
– Un giorno – rispose lei, con la consueta aura enigmatica.
Così, Adele, Edoardo e Beatrice, sollevarono il busto e lo posizionarono sopra una piccola colonna scolpita nei mesi prima dallo stesso falegname.

Il busto di Lucia si ergeva davanti all’ingresso della bottega comune. Chiunque in paese lo avrebbe notato.
Lucia uscì da scuola e, come ogni giorno, gettò un’occhiata verso la bottega, cercando la sagoma familiare del padre attraverso la finestrella del laboratorio. Ma il padre non c’era. C’era, invece, mezzo paese intorno all’ingresso. Lucia non capiva, si avvicinò. Si fece largo con le braccia tra la gente e…
– Così, la mia Lucia è nata una seconda volta – dichiarò Edoardo, la voce colma d’orgoglio. Un applauso anticipò un commosso e intimo abbraccio tra il falegname e la figlia.
Uno straniero, giunto in quell’istante, sollevò la mano.
– Mi può spiegare perché ha ritratto sua figlia con un’espressione tanto severa? –
Il volto candido e austero della fanciulla non era sfuggito agli occhi esperti dell’uomo.