
Il sole era sceso dietro i monti, lasciando un bagliore rosso sulle cime. Stavo uscendo dalla biblioteca, come ogni giorno a quell’ora.
– Finalmente ti ho trovato – Italo era senza fiato, come se avesse corso.
– Che ti prende, Italo? Lo sai che a quest’ora mi trovi sempre qui. –
– Hai ragione, – disse, passandosi una mano sulla fronte. – Ma nella fretta non ci ho proprio pensato. Volevo solo dirti che al Caffè è arrivato il dottor Pereira. –
Mi fermai.
– Pereira? Sei sicuro? –
Mi voltai e, a passi lunghi, lo seguii. L’aria aveva il profumo di buon cibo e caffè. Fremevo, tanta era la voglia di aprire quella porta, sentire il campanello posto sopra di essa e, finalmente, scorgere il viso di quell’uomo che da tempo desideravo incontrare.
Dentro, la luce era soffusa. Qualcuno leggeva, qualcuno scriveva, qualcuno stava semplicemente in silenzio. Con lo sguardo scrutai gli uomini che sedevano soli.
Non avevo alcun dubbio, era lui. La piccola sedia di legno scuro conteneva a fatica la stazza del dottor Pereira. Le sue larghe cosce fuoriuscivano ai lati. Poggiava con i gomiti sul tavolo e il capo chino volgeva su una lettura. Pareva un giornale. Sì, era un quotidiano: il Lisboa.
Con la mano destra lo sfogliava mentre con la sinistra tratteneva stretto un bicchiere. Non serviva chiedersi cosa stesse bevendo, una limonata.
Mi avvicinai.
– Non amo interrompere chi legge, – dissi con un sorriso incerto. – Ma desideravo conoscerla – Pereira alzò lo sguardo. Due macchie di rossore gli accesero le guance.
– Oh! Si sieda, prego – mi disse indicando il posto vuoto con la mano destra.
– Prende anche lei una limonata? –
Sorrisi.
– Volentieri – risposi pervaso da un’inaspettata contentezza.
Il dottor Pereira era proprio come lo si legge tra le righe del romanzo di Tabucchi. Un uomo buono, che appare incerto in ogni suo gesto. Ma forse la sua non è incertezza, lui è così a suo agio nella solitudine che la presenza di altre persone lo induce a una sorta di agitazione.
La conversazione, tuttavia, fluiva piacevolmente e anche il suo volto prese una forma rilassata e accogliente.

– Lei è solo o si sente solo? – mi domandò a bruciapelo Pereira, cogliendomi di sorpresa. Sì, perché quella questione era esattamente ciò che avrei voluto domandare a lui.
– Be, a volte mi sento solo ma non posso definirmi tale. Ho delle persone intorno a me a cui voglio bene. –
– Si ritenga fortunato e se le tenga strette. Veda, mi danno del pazzo perché parlo con il ritratto di mia moglie. Ma non mi resta altro che lei. In quelle linee, in quei colori, in quelle sfumature albergano tutti i ricordi di una vita in compagnia, – si interruppe per un istante, abbassando lo sguardo sul bicchiere.
– Non sono d’accordo che la morte rappresenti la caducità della vita. Sì, questo è vero nel senso fisico ma non lo è nei segni morali, educativi ed emozionali che ogni persona imprime sugli altri. Non è facile spiegarlo, – e si strinse nelle spalle, come se fosse alla ricerca di quelle parole così chiare nella sua mente ma così complesse a dirsi.
– Io sono quello che sono anche grazie a mia moglie. Mi ha insegnato molto, mi ha fatto diventare l’uomo che lei osserva in questo momento di fronte a sé. Oggi in me risiede parte di mia moglie. Posso quindi davvero dire che sia morta? – e i suoi occhi si accesero di una luce nuova, erano fermi, decisi, quasi prepotenti. Pereira non appariva più così tanto insicuro.
– È d’accordo con me? – mi domandò con un nuovo interrogativo a bruciapelo.
– Non sono in grado di obiettare, dottor Pereira. Quello che dice mi sembra vero. In noi resta sempre qualche piccolo o grande frammento delle persone e degli avvenimenti che hanno fatto parte della nostra esistenza. Che essi siano stati positivi o negativi, permangono e fanno di noi un essere in continua evoluzione. –
Dopo la seconda limonata, il dottor Pereira mi salutò. Un’auto lo attendeva fuori dal Caffè. Lo accompagnai all’uscita e lo vidi allontanarsi lungo la via per il mare.
Tornai a casa a passo lento mentre in me scorrevano ancora le sue parole. Sorridevo a capo chino.
Anche in quel giorno, un bene prezioso mi fu donato dal Caffè Letterario.